L’occhio indiscreto

 

Lu, 16 aprile dell'anno 1702. Due canonici di Santa Maria Nuova, Carlo Gerolamo Bobba e Giovanni Antonio Pavaranza, entrano in una casa disabitata in contrada San Biagio e cominciano ad osservare e a toccare ogni cosa. Era la dimora d'un loro amico e collega, Antonio Sebastiano Quartero, che da pochi giorni ha reso l'anima a Dio.

Assieme a lui hanno vissuto gli anni terribili della guerra della lega d'Augusta; assieme a lui hanno fatto pressione sul prevosto, sul vescovo e persino presso la Santa Sede per godere il frutto delle grasse prebende che in tempo remoto spettavano ai canonici di Santa Maria. Ma la morte appiattisce ogni cosa e ora del Quartero non rimangono che gli oggetti della sua vita, tutti da inventariare e da registrare in questo giorno d'aprile dell'anno del Signore 1702.

 

Nella sala

Bobba e Pavaranza cominciano ad esplorare la sala. Qui vedono il letto dove a volte dormiva il vecchio sacerdote: la struttura è di legno (lettiera di bosco), con sopra un pagliericcio, un materasso, una coperta di lana guasta, una coperta di filo lavorato e, a capo del letto, un grosso guanciale.

Poi l'attenzione è attirata da una cassa di noce con chiave e serratura, assai buona, come i due notano. Aprono e trovano, oltre ad un vecchio bacile di rame e ad una tovaglia d'altare intatta e ricamata, che il Quartero nel suo testamento ha destinato all'Altar Maggiore di Santa Maria Nuova, anche una borsa e uno scatolino e un pacchetto di carta e un'altra borsa di tela.

I due rovesciano la prima borsa ed ecco cadere tintinnanti undici doppie d'oro della Stampa di Francia e di Genova e sei ongari d'oro; aprono lo scatolino e lì contano tre ducatoni di Venezia e due scudi bianchi di Francia; svolgono il pacchetto di carta ed ecco apparire luccicanti dieci doppie d'oro di Francia. Mettono infine il naso nella borsa di tela, dove stanno quaranta crosazzi d'argento di Genova.

 

Nella cucina

Una credenza, una capponaia, due catene da fuoco, diciassette pezzi di stagno e posate varie (cuchiari, forzine et coltelli) che il testatore ha già destinato alle donne sue parenti (s'accontenteranno?).

 

Nella stanza nuova

Qui i due trovano quello che forse è il vero tesoro della casa, venti dipinti di diverso autore che il Quartero nel suo testamento ha destinato alla chiesa di Santa Maria Nuova. Ma i canonici Bobba e Pavaranza non mostrano di saper apprezzare, liquidando tutto così: “Non si è ritrovato altro che venti pezzi di quadri di diversi impronti”.

Notano invece con interesse un'altra cassa, con dentro altre monete d'oro che, contate, fanno settanta doppie di Francia.

 

Nel camerino contiguo

Un pagliericcio posto sopra una struttura d'assi, un letto di piuma con guanciale pure di piuma e una coperta di lana del tutto guasta.

L'attenzione è ora attirata da un massiccio e decrepito cassone, ma qui trovano solo roba rotta o guasta o usata: un mortaio rotto ad un angolo, uno scaldaletto usato, due padelle da friggere di rame con il mestolo, un pentolone, una pentolina e alcune padelline di rame, due cadelari ed una lumiera d'ottone, una trapunta di tela e bombace usata.

 

Sopra il granaio

Sopra il granaio della casa del canonico trovi le sue riserve alimentari: quattro staia di fave, quattro staia di veccia e di veccione, cinque staia di ceci bianchi e rossi. Trovi anche alcuni attrezzi rurali: sette cerchi di ferro grandi e piccoli, uno zappino, una zappa, un badile, un tridente, una scure, tutti di ferro e tutti usati. E trovi infine il segno dei tempi: uno schioppo, una schioppetta e una pistola.

 

Nella cantina

Giù, giù, giù, si scende in cantina. Qui c'è un piccolo deposito di attrezzi vinicoli: vasellami et arbii, un torchio con suoi ordigni, due mazze di ferro et alcuni pezzi di legno in detto torchio, venticinque doghe di rovere, sei assi simili per fare una vassella della tenuta di quattro bottali, altre ventiquattro doghe picciole.

Invano cercheresti nella casa del canonico Quartero, perlustrata invero attraverso gli occhi un po' aridi dei suoi colleghi, un'immaginetta sacra o un libro di preghiere o una coroncina con i grani del rosario, qualche segno insomma di cristiana fede. Ma ora si visita un luogo di preghiera, il convento luese di San Francesco, dove il Quartero possedeva due stanze. E si comincia dalla stalla del convento.

 

Nello stallotto del convento

Qui c'è il... parco macchine del canonico: un piccolo cavallo con sella, basto e briglie e un asino con basto.

 

Nelle due stanze del convento

Bobba e Pavaranza trovano nove sacchi e tre staia di frumento, sei staia di fave, due sacchi di cicerchie, quattro staia di legumi diversi e… tante carte, dove sono scritte non le preghiere, ma gli ultimi conti che il canonico Quartero ha fatto nella sua vita. Contengono i nomi dei suoi debitori e tutto quello che costoro dovevano ancora versargli: Battista Ribaldone nove filippi d'argento e tre sacchi di frumento; Giovanni Tento dieci sacchi di frumento che il Quartero gli prestò per la semina; un contadino di San Salvatore dieci filippi d'argento per un cavallo; i mercanti di Milano ottantaquattro filippi d'argento e sei ducatoni per dieci bottalli di vino; infine i massari poveracci otto sacchi di frumento e le sementi, come loro stessi hanno dichiarato. Infatti il canonico, nel suo letto di malattia (in letto infirmo), li ha chiamati e, testimone il Bobba, ha voluto che i massari confessassero il debito. E' stata una delle sue ultime volontà...

 

Gianfranco Ribaldone, Al païs d', n. 3 (1998), p. 4

 

L'inventario dei beni del canonico Antonio Sebastiano Quartero è tra le carte del notaio Gerolamo Pavaranza, che a Lu rogò negli ultimi anni del Seicento e nei primi del Settecento (Archivio di Stato di Alessandria, Archivio notarile del Monferrato, mazzo 2841).

 

 

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